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                         ALIGI
                        SASSU 
                        L'artista
                        parla della sua nota passione per i cavalli nella sua
                        autobiografia, Un
                        grido di colore: "C'erano in Sardegna cavalli
                        rossi e neri, ambrati e sauri, pezzati, morelli e
                        persino verdi: sì, di cavalli verdi diceva una favola,
                        che raccontava delle incursioni saracene sino alla piana
                        verde di Chilivani. Nella fantasia della narrazione
                        fiabesca, la verde bandiera di Maometto si era
                        trasformata in una tumultuosa Bardana di cavalieri e di
                        destrieri dello stesso colore, orde lanciate alle
                        ruberie, al saccheggio delle genti dell'isola. E agli
                        occhi miei - come forse agli occhi degli altri ragazzi -
                        i cavalli non erano più gli animali stanchi dei pastori
                        solitari che rientravano a casa nella luce dorata del
                        tramonto. Erano piuttosto i cavalli nervosi, dalle code
                        sferzanti come fruste e dalle criniere inquiete, che
                        Andrea Ninniri, il fabbro poeta di Thiesi, ferrava nel
                        suo antro nero e fumoso, rischiarato a tratti da fiamme
                        e faville". (Sassu, 1998)
                        
                         
                        Tutti i paesaggi in cui vengono inseriti i cavalli sono
                        identificabili in Mallorca, dove Sassu ha ritrovato una
                        nuova Sardegna nei colori e nella luce del Mediterraneo.
                        L'artista farà di quest'isola una sua seconda casa sin
                        dagli anni Sessanta e fino alla sua morte, che avviene
                        proprio nella sua dimora mallorchina.
                        
                         
                        Sassu associa spesso il cavallo a battaglie storiche o a
                        scene mitologiche, lo inserisce nei suoi paesaggi e
                        persino ad accompagnare gli Uomini
                        rossi. Nel caso del Cavallino
                        impennato e di Demofonte,
                        il fatto di identificare il cavallino con il famoso
                        cavallo di Alessandro Magno e l'uomo rosso con il
                        celebre re di Atene, gli permette di dare un'aura di
                        mito ai due dipinti.
                        
                         
                        Ma nel dipingere il cavallo, oltre ad una radice
                        autobiografica, vi è anche molto della passione di
                        Sassu per Delacroix: "Nel mio caso, da dove mi
                        viene questa passione per la lotta che permette di
                        tradurre un'idea in pittura? Non credo che venga da una
                        scuola, anche perché dubito che realmente esistano
                        delle scuole e penso, invece, che gli uomini forti del
                        passato abbiano aperto delle strade e le abbiano poi
                        chiuse con la loro scomparsa. E allora? Direi che sono
                        così per temperamento e per cultura, come molti altri.
                        La mattina, quando comincio a lavorare, mi urge dentro
                        l'ansia di misurarmi con la materia; e quest'ansia da
                        alcuni anni riceve altro lievito da una riproduzione di
                        un Delacroix, che tengo bene in vista nello studio: il
                        Delacroix che apparve nella scena dell'arte quasi come
                        una necessità storica della pittura." (Sassu,
                        1998)
                        
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