ALIGI SASSU

SCHEDE DELLE OPERE
Natalia Sassu Suarez Ferri
Fondazione Aligi Sassu ed Helenita Olivares
Lugano

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PRESENTAZIONE

TESTO CRITICO

SCHEDE DELLE OPERE

COMUNICATO STAMPA

INFORMAZIONI

ALIGI SASSU

Via Manzoni, 1952

 

 

ALIGI SASSU
"La composizione, animata da una moltitudine di personaggi che sembrano riassumere tutte le tipologie umane, si rilega per certi versi alle rappresentazioni dei Caffè, rispondendo entrambe le tematiche al desiderio sassiano di interpretare il senso della propria contemporaneità, di raccontare lacerti di realtà, di lasciarsi coinvolgere dai motivi della vita quotidiana." (Bonini, 1984)
Con queste parole Bonini descrive un'analoga opera di quasi vent'anni prima, ma la descrizione calza perfettamente anche Via Manzoni. Bisogna aggiungere però che in questo caso vi è anche un ritorno all'interesse per le vie di Milano, già ritrovata nel periodo primitivista. La differenza lampante è che mentre alla fine degli anni Venti e nei primissimi anni Trenta Milano era agli occhi di Sassu un luogo desolato e malinconico, due decenni dopo è diventata luogo di ritrovo sociale, in cui malinconia e solitudine sono ancora percepibili negli sguardi degli innumerevoli personaggi. L'opera fu esposta alla XXVI Biennale di Venezia.

 

 

ALIGI SASSU

Piazza San Marco di notte,1962



Piazza San Marco di notte trasporta la mondanità dei Caffè in un ambiente esterno, così come già notato nei confronti di La Strada e Via Manzoni.
Mentre le ambientazioni cittadine viste fino ad ora sono solitamente caratterizzate da una diffusa malinconia, Venezia agli occhi di Sassu è la città del carnevale: già nel 1950 in Arlecchino il personaggio viene posto in primo piano e accompagnato da una veduta sullo sfondo di San Marco e del suo campanile. In Carnevale a Venezia del 1958, invece, le maschere si trovano proprio in Piazza San Marco, come la folla di questa tela di qualche anno dopo. Si spiegano così la mondanità, i colori allegri e la luce di questo dipinto, in cui pare siano rappresentati diversi personaggi celebri dell'epoca, e tra loro lo stesso Sassu in primo piano, e sua moglie tra la folla dello sfondo.  

ALIGI SASSU




Tobiolo, 1965

 

Anche se di sapore mitologico e molto simile ai dioscuri già incontrati negli anni Trenta, il titolo dell'opera e la rete da pesca che portano in mano i due protagonisti del dipinto ci suggeriscono l'ispirazione biblica, tratta dal Libro di Tobia.
"Questo racconto biblico, tra i più antichi, narra com’è noto, le vicende del giovane figlio di Tobia e del suo Angelo custode, Raffaele in persona. Siamo a Ninive al tempo di Salmanassar (726-722) e di Sorgaan II (721-705) e Tobia è un deportato ebreo molto pio che vive in questa città con la moglie Anna e appunto con il figlio Tobiolo.  Giunto in età avanzata, Tobia è vittima di uno strano incidente: mentre riposa all’aperto gli escrementi di un passero gli cadono negli occhi causandogli un’infezione che lo rende cieco. Sentendosi vicino alla morte, incarica il figlio di recarsi nella regione della Media per riscuotere del denaro che gli era dovuto. La storia racconta che, a questo punto, senza svelare la propria identità, l’Arcangelo Raffaele si presenta alla porta di Tobia offrendosi di accompagnare Tobiolo nel suo viaggio.  (...)
Durante una sosta sulle rive del Tigri, Tobiolo decide di bagnarsi, ma improvvisamente un pesce enorme sbuca fuori dall’acqua e minaccia di divorarlo. Raffaele incita Tobiolo a non avere paura, ma anzi lo aiuta, con i suoi consigli, a pescarlo e gli raccomanda di conservarne il cuore, il fiele e il fegato. Giunti a destinazione, Tobiolo ritira il denaro e Raffaele suggerisce di fare una sosta presso la casa di un parente del ragazzo, la cui figlia, Sara, avrebbe potuto essere una sposa ideale per lui. Arrivati a casa di Sara, anch’essa ebrea figlia di esuli, Tobiolo viene a sapere che questa è posseduta dal demone Asmodeo, che ha già divorato i suoi precedenti sette mariti durante la prima notte di nozze. Consigliato dal suo compagno, Tobiolo, malgrado la grande paura, sposa ugualmente Sara e, seguendo le indicazioni di Raffaele, una volta solo con la sposa nella stanza nuziale, brucia in un incensiere il cuore e il fegato del pesce pescato durante il viaggio creando un fetore talmente insopportabile che Asmodeo è costretto a fuggire nelle regioni dell’Alto Egitto, dove viene incatenato mani e piedi dall’Angelo Raffaele stesso. 
Messisi in cammino con Sara, i viaggiatori raggiungono la casa di Tobia dove Raffaele ordina a Tobiolo di spalmare il fiele del pesce sugli occhi del padre e in tal modo ne rende possibile il riacquisto della vista. Davanti a tanti strani fatti Tobia chiede a Raffaele di svelarsi e gli domanda come avrebbe potuto ricompensarlo. A ciò egli risponde: “Sono Raffaele, uno dei sette Angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della maestà del Signore. Ora benedite il Signore sulla terra e rendete grazie a Dio. Io ritorno a Colui che mi ha mandato.” (Tobia 12,15)."
Mariagraziella Belloli, Raffaele, l'angelo custode, Silvana, 2000

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