| 
               ALIGI
              SASSU
               
              ALIGI SASSU  | 
            
               ALIGI
              SASSU 
              
              Quasi
              settant’anni di attività, di relazioni, di impegno artistico,
              politico e sociale costituiscono il tessuto connettivo della
              mostra antologica di Aligi Sassu, a dieci anni dalla sua
              scomparsa; in occasione della stessa si è cercato di
              rappresentare il senso più profondo di una intensa vicenda umana
              e artistica, ripercorrendone le evoluzioni stilistiche e
              seguendone l’intero percorso, dagli esordi fino all’ultima
              produzione. Un omaggio ad un interprete che ha reso onore alla
              storia artistica italiana, pur partecipe di un contesto storico
              assai difficile, quello del fascismo, di cui diventa strenuo
              oppositore. 
               
              La
              mostra riannoda i fili di una narrazione di eccezionale intensità,
              evidenziandone il libero fluire delle idee e delle emozioni, la
              forza di un pensiero che si manifesta nella concretezza di
              immagini che rivelano un percorso coerente e complesso.
               
              Sassu
              inizia a interessarsi all’arte e a dipingere fin
              dall’adolescenza, e da allora è un susseguirsi di
              sperimentazioni che lo portano ad accostarsi alle avanguardie
              dell’epoca, pur senza trascurare i modelli del passato, da cui
              trae spunto per una messa in scena di un classicismo eclettico
              manifesto nelle tematiche e nella gestualità. 
               
              Gli
              esordi lo vedono impegnato in una sintesi di nuove visioni, di
              varia natura, applicate a temi mitologici e di fantasia, ai
              cavalli, ai ciclisti, alle battaglie, rielaborati in un racconto
              fatto di geometrie statiche, di paesaggi ed elementi vitali
              risolti in funzione cromatica, esprimendo un senso di equilibrio e
              una conoscenza dei rapporti reciproci dei colori di diretta
              derivazione fauve.
              Atmosfere arcadiche, dagli accostamenti insoliti e spregiudicati,
              colori puri e bidimensionali, condensano le sensazioni
              dell’artista, costituendo l’essenza della sua produzione.
               
              Una
              delle prime tematiche affrontate è quella dei cavalli, spesso
              ricorrenti nelle sue opere, espressione di libertà e dinamismo,
              sintesi necessaria di istinto e coscienza, il cui galoppo associa
              alla corsa delle onde, impetuoso come impetuosa è la sua ricerca
              di verità e l’ansia di assecondare le esigenze della propria
              anima. Il mare è simbolo della nascita, secondo gli antichi
              Greci, dall’acqua viene la vita e il galoppo del cavallo sulle
              rive del mare evidenzia il desiderio ancestrale di rinascita, di
              trascendere la realtà.
               
              Dell’animale
              sottolinea ora la docilità e l’intimità come amico nel Cavallo
              nero e cavaliere (1930), ora la forza e l’istintività
              incontrollata nei Cavalieri
              antichi (1942). Ma è il cavallo bianco che più spesso
              rappresenta, sublimato in uno slancio liberatorio, come in ascesi
              verso la spiritualità. Un allontanamento dalla realtà,
              necessario per la sopravvivenza, e dai suoi legami materiali, che
              diventa metafora della sua vicenda personale. 
               
              I
              cavalli si ritrovano anche nei temi mitologici, che Sassu sviluppa
              in contemporanea, come nei Cavalli di Poseidone (1986), in cui l’ebbrezza del movimento viene
              tradotta direttamente nel colore, ove predomina la tonalità
              dell’azzurro nelle sue sfumature. Un turbinio che viene dallo
              spirito, un ritmo decorativo intenso ed elegante che evidenzia
              l’amore per il movimento che tanto ha caratterizzato la sua
              attività artistica. Dello stesso ciclo fanno parte anche opere più
              statiche, come Il Giudizio
              di Paride (1984), in cui si rileva una matrice rinascimentale
              e, al contempo, espressionistica. Figure nude, una costante
              nell’opera di Sassu, inserite in un ambiente classicheggiante,
              spiccano per i contrasti cromatici, a sottolineare l’armonia tra
              l’uomo e la natura. Un’espressione di sentimenti elementari
              attraverso la rappresentazione di una lirica semplice, nella forma
              e nel colore.
               
              L’impatto
              con Parigi nel 1934 e con l’atmosfera cittadina, stimolante e
              vivace, intrisa dalla lezione dell’Ottocento francese, determina
              una metamorfosi. L’artista vive la frenesia, l’atmosfera e i
              ritmi della capitale. La violenza cromatica e la tensione
              pittorica cedono il posto ad una armonia più pacata, in una
              pienezza e godimento estatico dell’essere partecipe delle
              vicende culturali dell’epoca, cui Parigi si pone come punto di
              riferimento. Le opere di questo periodo acquistano una concretezza
              più tangibile. L’artista delinea uno spazio, vivente e
              sensibile, disponibile al mutamento. Ne coglie l’attimo, ferma
              sulla tela soltanto un momento di quella che è la danza della
              vita, tra alti e bassi, tra quotidianità ed eccezionalità. Sassu
              si lascia affascinare dagli ambienti borghesi, in cui le figure
              risultano piacevolmente rilassate, le atmosfere affollate e
              pulsanti di vita. Una vita reale che si oppone alla realtà
              trascendentale delle opere mitologiche precedenti, una ricerca
              della vita che parte da una ricerca della natura per approdare
              alla contemporaneità e quotidianità. 
               
              E’
              la Parigi dei café
              fumosi, dei ristoranti, delle luci scintillanti e delle storie
              dense, di personaggi che trasmettono un senso di isolamento e di
              incomunicabilità, pur all’interno dei rapporti sociali.
               
              Nel
              1937 Sassu viene arrestato, accusato di complotto e condannato a
              dieci anni di reclusione a Fossano. L’accusa è di sovvertimento
              dell’ordine dello Stato, in seguito al ritrovamento da parte
              della polizia segreta (OVRA) di un manifesto che inneggia
              all’insurrezione contro il fascismo. In carcere gli viene
              concesso di disegnare utilizzando matite, china, sanguigne,
              acquerelli. La produzione dell’epoca, in verità corposa, denota
              una facilità di esecuzione: esercitazioni sui temi a lui cari
              come quelli mitologici, i nudi di donna, a cui aggiunge ritratti
              dei compagni di detenzione, che rappresentano tracce del
              contributo pittorico trasposto nelle sue tele. 
               
              Nel
              1954 si reca a Vallauris dove incontra Picasso, di cui è grande
              estimatore. Lo stile diventa meno rarefatto e più preciso nei
              dettagli, alla ricerca di una nuova spazialità, di un racconto più
              descrittivo. E’ in questo periodo che nascono le opere Il circo e La fiera,
              entrambe del 1955, stimolate dall’incontro con l’artista
              spagnolo, che danno forma a temi presenti anche nella ricerca di
              impressionisti ed espressionisti, importanti riferimenti per
              l’arte di Sassu. In esse rappresenta una realtà fittizia, una
              gioia apparente dietro una sofferenza. Personaggi che indossano i
              colori della vita, filtrati attraverso una maschera interposta con
              il mondo che mette in scena un’improvvisazione illusoria, una
              fisionomia mentale necessaria per sopravvivere in un periodo di
              grandi conflitti e lacerazioni. 
               
              Ma
              ad arricchire la già accesa passionalità dell’artista
              influisce il periodo spagnolo, a Maiorca, dove si reca
              costantemente dal 1964. Soggiorni alternati alle visite in Italia,
              durante i quali fa esperienza dei colori acrilici e crea opere
              pittoriche dai forti colori, dai contorni morbidi e armoniosi e
              dall’essenzialità formale, inseriti in spazi dedotti e spesso
              poco definiti.
               
              Un
              eclettico, quindi, ma anche un creatore intuitivo, testimone del
              suo tempo, di cui la mostra rivaluta la modernità del linguaggio
              e il senso di una ricerca vissuta come profonda sperimentazione
              formale, con un’immediatezza e un’essenzialità di ideazione
              che corrispondono alla sensibilità contemporanea. 
              
               
             |